Vivere e spiccare il salto sono la medesima cosa: è quell’attimo che si insinua tra l’innocenza e il passaggio all’età che apre gli occhi sul mondo. Attraverso pittura e scultura indago il corpo in movimento: in sospensione, in corsa, in equilibrio o nella piena spinta del salto. Bambini e ragazzi colti nell’atto del gioco divengono metafora potente dell’esplorazione interiore, della scoperta del mondo e costruzione dell’identità.
Il gioco è momento di libertà, ma anche di rischio, di prova , di immaginazione. In esso convivono la leggerezza e la profondità della ricerca esistenziale: ogni tuffo, ogni corsa, ogni caduta porta con sé una domanda sul proprio posto nel mondo. Così il gesto si fa linguaggio simbolico: racconta il desiderio umano, originario e universale di appartenenza, di consapevolezza, di esserci.
Volti e gesti restituiscono quella tensione tra il dentro e il fuori, tra il corpo e lo spazio, tra l’essere e il divenire, rendendo ogni figura un possibile riflesso dello spettatore.
Nel rappresentare la gioia, lo slancio, la tensione, la forza, la fragilità dell’infanzia cerco di toccare quel nucleo originario che permane a tutte le età: il bisogno profondo di senso, espresso nel movimento stesso del vivere.
E tu che guardi, dove ti collochi?





